Sono vecchio.
Vecchio e stanco.
Sono vecchio, stanco e devo morire.
E’ il corpo più che altro. Sono bloccato qui dentro, in un bozzolo ormai logoro, delicato e fragile.
Non posso uscirne.
La testa, il cervello, beh, quelli funzionano. Sì, è vero, spesso mi dimentico nomi, facce e gradi di parentela ma tutto sommato le connessioni cerebrali ci sono ancora e i piccoli impulsi elettrici che stabiliscono chi e cosa siamo, in un modo o nell’altro, continuano il loro lavorio ininterrotto ormai da 133 anni.
E’ il corpo, il problema.
Un piccolo vaso sanguigno si ruppe nel cervello ormai 5 anni fa.
Ictus lo chiamavamo all’inizio del millennio.
Ora lo chiamano Il fastidioso mal di testa, da quando hanno deciso di eliminare dall’uso comune tutte le parole che causano spavento, malessere o piccole ansie nell’uditore. Quel piccolo e maledetto vaso sanguigno portò via con sé la mia capacità di parlare, di muovermi e di vedere.
Solo l’udito mi fu risparmiato.
Sì, da 5 anni sono sdraiato in un letto senza poter comunicare con nessuno.
Molti di voi penseranno quanto io desideri la morte, quanto desideri essere liberato da questo fardello.
No, non necessariamente.
Non mi pesa vivere e non mi pesa morire.
Non si sta malissimo qui. Viaggio con la fantasia quasi tutto il giorno ed è divertente perché quelli che mi stanno intorno non sanno che io li posso sentire.
Mi divertono le bestemmie degli infermieri quando devono svuotarmi il deretano con le mani.
Mi diverte anche sentire gli sbuffi insofferenti dei miei figli e dei miei nipoti quando si sentono costretti a venirmi a trovare in casa di riposo.
Li capisco. Cosa ci può essere di piacevole nell’andare a trovare un decrepito che una volta era una persona? Una persona per la quale provavi affetto e ora lo vedi lì, un mucchietto di pelle e di ossa e di bava depositato in un letto che ti costa mezzo stipendio ogni mese?
Ma in ogni caso non c’è alternativa. La legge è chiara:
Chiunque si trovi in situazione di incapacità produttiva e venga riconosciuto, da apposita commissione, come un segno meno nel computo annuale delle casse comunitarie sarà obbligato ad essere terminato e ri-utilizzato come da disposizioni dell’Articolo 33, Comma 7 del D.L. 2099 in materia di sostentamento e prosecuzione delle attività statali.
Due settimane fa l’apposita commissione è venuta a valutare il mio caso. Li ho sentiti mentre parlottavano tra loro; si lamentavano della perdita di tempo di dover uscire dall’ufficio per valutare casi come il mio; persone palesemente improduttive e quindi da terminare e ri-utilizzare il più velocemente possibile. Uno di loro si vantava di aver scritto un piccolo algoritmo che valutava i casi più facili tramite l’inserimento di alcuni dati.
Hanno poi deciso che la mia data di scadenza sarebbe stata il 4 Maggio.
Non so dirvi come mi sento. Mi spiace morire, ma ho un senso di colpa pensando a quanto peso sulla collettività. Forse è giusto che il mio corpo venga ri-utilizzato.
Spero solo non faccia troppo male. Chissà…
Non mi sono nemmeno accorto dello scorrere del tempo, stavo ragionando sulla morte e lei è arrivata.
Oggi è il giorno.
Posso sentire che in camera c’è mio figlio con sua moglie.
Le sta parlando, le sta dicendo quanto è stronzo suo fratello a non essere nemmeno presente e le sta chiedendo quanto durerà la faccenda. Ha un appuntamento di lavoro tra 2 ore.
Nemmeno i miei nipoti ci sono. Da quanto ho sentito uno aveva la partita di calcio, mentre la femmina ha fatto i capricci per restare da una sua amichetta.
Bene, il letto si sta muovendo. Ora un’infermiera sta parlando con mio figlio.
Gli sta spiegando che non potranno sedarmi. Il mio corpo è troppo debole e potrebbe morire subito e per quello che devono fare è molto meglio se il corpo rimane in vita il più a lungo possibile.
Mi sembra che mi abbiano caricato su un ascensore e portato all’esterno, sento un odore diverso, odore di terra e di alberi.
L’infermiera sta ancora parlando con mio figlio: gli sta spiegando che mi seppelliranno vivo in giardino, vicino agli orti. E’ meglio seppellire i vecchi ancora vivi, dice, citando alcuni studi recenti. Così facendo i corpi decompongono più lentamente e arricchiscono maggiormente la terra.
“Suo padre ci aiuterà a coltivare gli Avocado”, la sento esclamare. Poi le scappa un risolino. E anche a mio figlio subito dopo.
Mi appoggiano a terra.
E’ umida, probabilmente ha appena smesso di piovere. Era da anni che non sentivo odore di terra, foglie e alberi.
E’ bello.
Sento della terra scivolarmi sul volto. Stanno coprendo il buco.
E’ faticoso respirare.
Sempre di più.
Non c’è più nessun rumore. Sto tornando alla terra.
Dopo anni, servo di nuovo a qualcosa.
Sono concime.
FINE
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Miao,
Cyphergatto